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La vetrata artistica come la conosciamo noi, con i bellissimi colori del vetro soffiato, nasce assieme all’architettura gotica, dove gli spazi architettonici tra gli alti costoloni, dovevano essere chiusi con un materiale in grado di filtrare la luce entrante.
Ma per le grandi cattedrali o chiese, specialmente nelle architetture gotiche dove gli spazi per dipingere affreschi erano sostanzialmente scomparsi, le vetrate dovevano “parlare” assieme alla pietra, dovevano essere “la bibbia dei poveri” cioè immagini sacre che descrivono episodi dell’antico e Nuovo Testamento.
Le vetrate divengono veramente “artistiche“, vengono dipinte con la grisaglia, cioè una pittura di vetro che una volta cotta in forno ad altissime temperature si fissa irreversibilmente e tenacemente sul vetro. La legatura a piombo definisce linee, figure, geometrie e decorazioni floreali, un’intricata trama che rende la luce ancor più vibrante e viva. I colori diventano vari ed intensi.
Il vetratista, questo sconosciuto.
Conosciamo il Vetraio, quello di Murano. Quando ci parlano di “artigiano” di certo non pensiamo a qualcuno che lavora il vetro. Piuttosto a chi lavora il legno, o materiali più comuni. E quando parliamo di arte pensiamo alla scultura, il marmo, o alla pittura ma difficilmente immaginiamo un’opera artistica fatta con la tecnica della vetrata.
Chi è dunque il Vetratista? Forse una figura che è un po’ tutto questo, è un po’ vetraio quando modella il vetro all’interno dei forni. È artista quando disegna la vetrata artistica e quando dipinge con la grisaglia la decorazione o il disegno. Il vetratista è artigiano quando trasforma il disegno nelle dime di cartone che poi diverranno tessere; quando lega tra loro queste tessere scegliendo la tecnica più opportuna e con altissima abilità e maestria: posizionando i trafilati di piombo con l’ausilio dei tradizionali chiodi da maniscalco oppure scorrendo con la lega di stagno sui binari di rame della legatura a tiffany secondo le tecniche della tradizione.